NIDO קֵן (Ken)
NIDO קֵן (Ken)! Quanta poesia in due lettere! Il senso della sacralità della ק è imperante e la נ l’accompagna col monito etico di essere incessantemente alla ricerca della spiritualità più integra e rifiutare la CADUTA נְפִילָה (Nefilàh). Questa è l’energia che guida alla ricerca di un posto sicuro. Per omofonia, sopraggiunge forte il suono del SÌ כֵּן (Chèn)! SÌ alla vita e SÌ al nostro esistere! Restiamo però nello spazio sacro del SACERDOTE כֹּהֵן (Cohèn) e della כְּהֻנָּה (Chehunnàh) SACERDOZIO che derivano dalla stessa radice כ ו ן.
La radice di NIDO קֵן (Ken) ovviamente è diversa e cioè ק נ ן. La ן finale rettifica e insieme alla prima נ, inscrivono nella parola come già intuito, l’acronimo dell’espressione נוּחַ הַנֶּפֶשׁ (Nùach hannèfesh) QUIETE DELL’ANIMA. Nella Toràh troviamo questo vocabolo solo 3 volte. La prima volta troviamo il suo plurale nel dettame divino di esecuzione dell’arca di Noè [1]: קִנִּים (Kinnìm) nel significato di SCOMPARTI. M. E. Artom insegna che metaforicamente questa parola indica anche il LUOGO di NASCITA. In questo caso, il calore permarrà come segno indelebile di amore. È quello che si cerca nella CASA DI FAMIGLIA בֵּית מִשְׁפָּחָה (Bet Mishpachà)! Altro significato di NIDO קֵן (Ken) insieme a מִטָּה (Mittàh) LETTO. Questo termine si usa con un’altra metafora nel significato di CENTRO מֶרְכָּז (Mercàz). È anche usato per indicare la DIMORA DI UN MOVIMENTO GIOVANILE מָעוֹן תְּנוּעַת נֹעַר (Ma’òn tenu’àt noàr).
Nella Parashà di Chi Tetzè כִּי תֵּצֵא « Quando uscirai» in guerra…. Sono le sue prime parole, troviamo un esempio di rispetto verso gli animali di grande respiro anzi commovente. Si riferisce al comportamento dovuto quando potremmo imbatterci su un nido di uccello, sopra un albero o per terra con dentro dei pulcini o nel momento della cova delle uova.
לֹֹא־תִקַּח הָאֵם עַל־הַבָּנִים
(Lo tikkach haèm ‘al-habanìm).
«Non prendere la madre sui figli»!
Questa mitzvàh dell’allontanamento, questo comando famoso, viene spiegato in due versi[2]e viene denominato שִׁלּוּחַ הַקֵּן (Shillùach hakkèn). Consideriamo subito la radice ש ל ח che appare raddoppiata[3]:
שַׁלֵּחַ תְּשַׁלַּח אֶת־הָאֵם וְאֶת־הַבָּנִים תִּקַּח־לָךְ לְמַעַן יִיטַב לָךְ וְהַאֲרַכְתָּ יָמִֽים
(Shallèach teshallàch et-haèm veet –habanìm tikkàch-lach; lemà’an yitàv lach vehaarachttà yamìm).
«Manda via (libera) la madre e prendi i figli per te; affinché sarà del bene per te e prolungherai i giorni (tuoi)».
Questo atto è veramente misericordioso perché le uova e gli uccellini appena nati non sono commestibili e così si salvano tutti. Anche nel libro di Vaykrà[4]c’è il comando di non uccidere il bue e l’agnello nello stesso giorno ed evitare di uccidere il figlio davanti alla madre.
«In effetti l’animale ne soffrirebbe moltissimo e non c’è differenza tra la sofferenza dell’uomo e quella degli altri animali in tale circostanza, giacché l’amore e l’affetto della madre per il figlio non segue la ragione, ma l’azione della facoltà immaginativa, che si trova nella maggior parte degli animali così come si trova nell’uomo».[5]
Elaborando la gematria di קֵן (Ken) 150 trovo una descrizione molto bella col suo valore semantico-energetico נָוֶוה עוֹז (Navvèh ‘oz scrittura piena.) DIMORA DI FORZA. Quanto lavoro e fatica per la mamma uccello costruire un nido! Quanto amore! Quanti viaggi con il becco pieno! Ci dà un grande esempio di abnegazione e devozione. Chi di noi riesce veramente ad acquisire la dimensione dell’”agape”, l’amore altruistico per eccellenza.
Studiamo la Toràh e cresciamo nella sua luce.[6]
[1] Genesi 6,14.
[2] Devarìm 22, 6-7.
[3] Devarìm 22, 7. Nel verso 6 s’incontra l’unica volta in cui il costrutto di קֵן è קַן (Kan)
[4] Levitico 22,28.
[5] Maimonide – Rambam- Rabbì Moshèh Ben Maymon, La guida dei perpelessi, p.717.
[6] In questa Parashàh si parla di ‘Amalek.