SOLITUDINE בְּדִידוּת (Bedidùt)
SOLITUDINE בְּדִידוּת (Bedidùt)! SOLITARIO, SOLO si traduce בּוֹדֵד e condivide la stessa radice ב ד ד (Bet-Dàlet-Dàlet) con il suo sinonimo לְבַד (Levàd). Quest’ultimo vocabolo ci insegna molto su quella solitudine che si sceglie per arricchire la propria interiorità e conoscerla meglio, infatti troviamo la PORTA ד (Dàlet-Dèlet) del CUORE לֵב (Lev). Questo è il luogo della riflessione e della meditazione nonché dello stato naturale dello spirituale. Risuona in tutti noi il ricordo dell’esperienza intima di Elia dentro la caverna che sente la solitaria voce di Dio, espressa in quella “voce di silenzio sottile” che lo rende più consapevole e cosciente della Sua Presenza. Questa parola però include anche la condizione pericolosa, quella che può diventare LA CASA ב (Bet-Bayìt) del MISERO דַל (Dal), sentimento autolimitante che rifugge l’altro. Possiamo quindi tradurre il primo stato בְּדִידוּת מְתוּקָה (Bedidùt metuccàh) DOLCE SOLITUDINE e l’altro בְּדִידוּת מַזְהֶרֶת (Bedidùt mazhèret- ז ה ר FARE ATTENZIONE) SOLITUDINE PRUDENTE nel senso che va monitorata perché porta a trovarsi in stati depressivi מְדֻכָּאִים (Meduccaìm) e insani. SOLITUDINE בְּדִידוּת (Bedidùt) si esprime anche col termine גַּלְמוּדִיּוּת (Galmudiyyùt), vocabolo interessante perché condivide le sue prime tre lettere con la parola גֹלֶם (Gòlem) BOZZOLO. Arriva spontanea la domanda: – La solitudine è trasformativa in tutti i sensi individuati?
Le stesse lettere di לְבַד (Levàd) SOLO esprimono anche la radice ל ב ד (Làmed-bet-Dàlet) che introduce il tema del LEGAME e dell’UNIONE oltre a quello del RIMANERE SOLO. Questa riflessione ci fa riconoscere la veridicità del fatto che siamo tutti ‘uno’. Andiamo a perlustrare che cosa ci indica la gematria di SOLITUDINE בְּדִידוּת (Bedidùt) il cui valore numerico è 426. Interessante trovare due stati d’animo con lo stesso valore numerico 426: da una parte אִישׁ חָזָק (Ish Chazàk) UOMO FORTE, CORAGGIOSO che affronta la sua solitudine come segno di integrità e conoscenza di sé e dall’altra l’espressione אֵין לָנוּ סִיכּוּי לְהַצְלִיחַ (En lànu siccùi lehatzlìach – punteggiatura di Rambàm) NON ABBIAMO SPERANZA DI RIUSCIRE. Copione di chi si ritira in solitudine per sfuggire al senso di fallimento e rifiuto. Il complesso di Medusa ricorda questa tragicità e pietrificazione. Altro esempio calzante di questa duplicità di 426 ce lo mostrano il termine מוֹשִׁיעַ (Moshìa’) SALVANTE (Salva) oppure נִקְבְּרוּ חַיִּים (Nikberù chayyìm) È STATA SEPOLTA (la) VITA. Nel Tanàch troviamo versi importanti che affrontano questo tema. Fin dai primordi della creazione dell’uomo, Genesi 2,18 ci narra la riflessione divina prima di costruire la donna:
לֹא טוֹב הֱיוֹת הָאָדָם לְבַדּוֹ
(Lo tov heyòt haadàm levaddò)
«Non è bene (per il creato) che l’uomo rimanga solo». (Nella parentesi commento di D. Di Segni.)
Anche Yitrò fa riflettere Mosè sulla sua posizione solitaria come giudice in Esodo 18,14.
מַדּ֗וּעַ אַתָּ֤ה יֹושֵׁב֙ לְבַדֶּ֔ךָ וְכָל־הָעָ֛ם נִצָּ֥ב עָלֶ֖יךָ מִן־בֹּ֥קֶר עַד־עָֽרֶב
(Maddùa attàh yoshèv levaddècha vechòl-ha’àm nitzàv ‘alècha min-bòker ‘ad-‘àrev?)
«Perché (Per quale ragione) tu sei seduto da solo e tutto il popolo rimane in piedi dal mattino alla sera»?
Come è noto, Mosè ascoltò i suggerimenti del suocero e ne trasse grande beneficio.
Dobbiamo fare i conti anche con questo aspetto della solitudine che a volte ci affastella. La condivisione di responsabilità e dei compiti facilita noi e può essere da stimolo e di crescita per le persone vicine. Ricordiamo anche Abramo che era solito condividere con tutta la famiglia i precetti divini.
Ci sono linguisti che differenziano לְבַד da בּוֹדֵד: il primo nel senso fisico e il secondo nel senso interiore, psicologico.
Isaia 53,3 descrive il dolore del popolo ebraico isolato e disprezzato; non visto e non preso in considerazione.
Anche i Salmi parlano della solitudine del Re David e della sua preghiera per ottenere la misericordia divina. In special modo i versi 16-21 del capitolo 25. Qui troviamo un altro termine per esprimere la sua solitudine: יָחִיד (Yachìd) che in genere si traduce SOLO nel senso di UNICO.
Non dimentichiamo il famoso verso 4 del capitolo 23. Dove si parla chiaramente di depressione ma anche della profonda fede di David nella Presenza di Dio. Presenza Eterna che ci accompagna di generazione in generazione. Imparare a sentirLa non ci farà mai sentire veramente SOLI בּוֹדְדִים (Bodedìm), anche se consci del fatto che nasciamo e moriamo soli.
גַּ֤ם כִּֽי־אֵלֵ֨ךְ בְּגֵ֪יא צַלְמָ֡וֶת לֹא־אִ֘ירָ֤א רָ֗ע כִּי־אַתָּ֥ה עִמָּדִ֑י
(Gam chi-elèch beghè tzalmàvet lo-irà ra’ chi attàh ‘immadì.)
«Anche quando camminerò nella valle dell’ombra della morte, non temerò (alcun) male poiché Tu sei con me»!