POVERTÀ עֹנִי (‘Ònì anche עֳנִי)
POVERTÀ עֹנִי (‘Ònì anche עֳנִי)! Rav Dante Lattes ha dedicato un capitolo intero sul concetto di povertà, seguirò le sue orme.
In ebraico POVERO viene espresso con molti vocaboli: עָנִי (‘Anì) è il più usato e deriva dalla radice di עֹנִי ע נ ה/ ע נ י ; facciamo attenzione che per l’assonanza molto vicina a אֲנִי (Anì) IO. מִסְכֵּן (Mischèn), אוּמְלַל (Umlàl), דַל (Dal) indicano anche MISERO; (Evyòn) אֶבְיוֹן INDIGENTE è un termine frequente nel Tanàch e si accompagna a רָשׁ (Rash), דַךְ (Dach), תָּךְ (Tach ); מְדֻכֶּא (Meducchè) è anche DEPRESSO;מָךְ (Mach) si avvicina a PIAGA (Maccàh) מַכָּה ; חֵלֶךְ (Chèlech), עָלוּב (‘Alùv) e דַלְפוֹן (Dalfòn). Ogni termine è un sinonimo di עָנִי ma a sua volta viene a descrivere un aspetto di disagio particolare, ad aggiungere una sfumatura grigia nel complesso panorama di questa condizione umana. Sembra proprio che la lingua abbia voluto “compensare con una specie di ricchezza lessicale quanto c’era di angusto e di limitato nella qualità delle persone che venivano designate con quelle parole.” L’ebraismo descrive la POVERTÀ עֹנִי (‘Ònì anche עֳנִי), prendendo in considerazione più che altro gli effetti di avvilimento e sofferenza dello spirito.
כָּל־יְמֵ֣י עָנִ֣י רָעִ֑ים וְטֹֽוב־לֵ֝֗ב מִשְׁתֶּ֥ה תָמִֽיד׃
(Col yemè ‘Anì ra’ìm vetòv lev mishtèh tamìd)
“Tutti i giorni del povero sono tristi (cattivi) ma con un cuore buono (tranquillo) in convivio sempre” (Proverbi 15,15)
Chi ripone fede in Hashèm, riesce a superare qualsiasi situazione e ringrazia per qualsiasi cosa.
La Toràh prescrive diversi precetti in favore degli עֲנִיִִּּים (‘Aniyìm) POVERI, BISOGNOSI:
“Quando mieterete il raccolto della vostra terra, non dovrai completare la mietitura fino all’angolo del tuo campo e non dovrai raccogliere ciò che resta dalla tua spigolatura. Non coglierai i grappoli non completamente formati della tua vigna e non racimolerai gli acini caduti della tua vigna. Li lascerai לֶעָנִי (Le’anì) PER IL POVERO….”(Levitico 19, 9-10 Trad. Rav D. Di Segni). Non dimentichiamo la decima dei prodotti del terzo e sesto anno nel ciclo sabbatico stabilita per il povero oltre che per i leviti. Ci sono regole anche per i prestiti nei confronti dei bisognosi: è toccante il verso 26 del capitolo 22 di Esodo quando si ricorda che un mantello preso in garanzia, dovrà essere restituito fino al calare del sole perché è “il suo vestito per la sua pelle”. Si può comprendere perché BENEFICENZA si traduce con צְדָקָה (Tzedakàh) dalla radice צ ד ק che esprime il tema della giustizia perché è proprio un atto di giustizia che in primis dona a noi.